La Bluetongue (BT) è una malattia infettiva dei ruminanti trasmessa da insetti vettori ematofagi (2-3 mm di lunghezza) appartenenti al genere
Culicoides, e alla famiglia dei Ceratopogonidi. Il genere è cosmopolita ed è rappresentato da circa 1300 specie adattate ad habitat molto vari sia dal punto di vista climatico che ecologico. I membri del genere
Culicoides si distinguono per la particolare maculatura presente nelle ali che a riposo sono tenute piatte sul dorso. I maschi sono glicifagi e si nutrono di sostanze zuccherine liquide che trovano nell’ambiente; Le femmine sono, invece, ematofaghe e devono effettuare un pasto di sangue per portare a maturazione le uova che sono deposte a gruppi (60-100 elementi) su substrati umidi (non nell’acqua libera) ricchi di materiale organico in decomposizione di origine animale e/o vegetale.
Molte specie si nutrono principalmente su mammiferi, altre invece, preferiscono nutrirsi su uccelli, rettili o anfibi. I ruminanti selvatici presenti in Sardegna, circa 7500 Cervi (Cervus elaphus), 5.000 Mufloni (Ovis musimon) e 1.500 Daini (Dama dama), decisamente aumentati di consistenza negli ultimi anni, possono svolgere un ruolo importante nel mantenimento dell’infezione sul territorio.
I
Culicoides possono trasmettere agli animali più di 50 virus di importanza medico-veterinaria ma senza dubbio i più importanti sono il virus della febbre catarrale degli ovini o Bluetongue e il virus della peste equina. Il vettore con maggiore competenza in Africa e nel bacino del Mediterraneo è il
Culicoides imicola. Tuttavia, diversi studi effettuati nel corso delle epidemie verificate dal 2000 ad oggi nell’Italia centro meridionale e insulare, hanno dimostrato che anche altre specie di
Culicoides (
C. pulicaris,
C. newsteadi, C. punctatus C. obsoletus e
C. scoticus) giocano un ruolo importante nella trasmissione del virus.
In Sardegna i focolai larvali di
Culicoides imicola si sviluppano principalmente negli ambienti fangosi che si formano in prossimità di abbeveratoi e/o sui bordi dei laghetti artificiali che fungono da risorsa idrica per le numerosissime (circa 20.000) aziende zootecniche della Sardegna. La qualità dell’acqua nei focolai larvali è caratterizzata da un’elevatissima concentrazione di sostanza organica derivante dagli escrementi degli animali. Le larve vivono nello strato superficiale del suolo, fino ad una profondità di alcuni centimetri. Nei laghetti artificiali i focolai larvali si riscontrano nelle sponde, in una fascia compresa nei primi 50 centimetri sopra la linea d’acqua.
Gli stadi larvali di
C. newsteadi,
C. pulicaris e
C. punctatus si adattano a vivere anche in canali di scolo, pozze salmastre basse e rive di torrenti, spesso ricoperti di erbe e giunchi e ricche di sostanza organica in decomposizione. Le larve di
C. obsoletus e
C. scoticus, invece, si sviluppano preferibilmente negli accumuli umidi di foglie morte in ambienti ombreggiati nelle aree boschive e nei cumuli di letame di pecora, di cavallo e di bovino nei campi.
A quasi 14 anni dalla prima epidemia di Blue Tongue sull’isola, sono numerosi gli aspetti che appaiono meglio compresi sull’epidemiologia della malattia, del suo propagarsi, della sua dinamica vettoriale , ma ancora tanti sono quelli che non ci permettono di agire preventivamente per cercare di “contenere” l’impatto in azienda all’inizio di una nuova ondata epidemica. I mutamenti di questa malattia e delle sue conoscenze hanno nel corso del decennio hanno riguardato vari aspetti della sua eziogenesi e la sua epidemiologia , in particolare:
- La variazione della dinamica vettoriale adattata a nuove fasce climatiche; con l’avvenuta epidemia da SBTV8 nell’anno 2008 si è creato un nuovo episistema Settentrionale;
- La scoperta di nuovi sierotipi; diventati 26 quelli conosciuti, alcuni con alto grado di patogenicità;
- La scoperta di nuovi vettori (oltre 1000 specie di Culicoides);
- L’evidenza di trasmissione transplacentare (BTV 8);
- Il fenomeno dell’overwintering sempre più diffuso;
- La presenza di nuovi ceppi potenziali patogeni anche per i bovini;
Sebbene nel corso degli anni il tasso di mortalità sia rimasto invariato (2-30%), la morbilità della malattia, è andata aumentando, sino ad arrivare a 70-80% nei giorni nostri rispetto al 15-20% degli anni 90.
In Sardegna la malattia è ormai considerata
endemo-epidemica, ovvero è ormai endemica nella regione, ma a seconda delle annate può presentarsi con ondate epidemiche (Tabella 1). Sebbene i sierotipi individuati nell’isola sono 5 (SBT1, SBT2, SBT4, SBT8, SBT16) alcuni possiedono una patogenicità più elevata. L’andamento stagionale è di norma caratterizzato da una maggior distribuzione di casi osservabili in estate inoltrata per raggiungere il picco epidemico tra la fine estate e l’autunno, e decrescere quando le temperature scendono con i primi freddi al di sotto dei 12°C. Ad influire sull’andamento epidemico vi sono tutti quei fattori che si ripercuotono sull’abbondanza stagionale dell’insetto vettore, ovvero pioggia, umidità, vento e temperatura (fattori climatici) strettamente legati interventi dell’uomo, quali azioni di profilassi sulle strutture aziendali e vaccinazione in primis (fattori gestionali).
Considerando l’attuale difficoltà ad operare con una vaccinazione di massa utilizzando un vaccino vivo attenuato, la dinamica vettoriale è l’aspetto su cui cercare di approfondire conoscenze e possibili interventi che possano decrementare la densità dei vettori responsabili. La lotta all’insetto vettore direttamente in azienda deve essere continua e routinaria in ogni allevamento e nelle immediate vicinanze degli animali. Numerose sono le prove che l’insetto responsabile “segua” il gregge e sia direttamente legato a questo per poter trovare un habitat ideale al suo ciclo riproduttivo, con presenza abbondante di materiale organico nel fango e nel terreno umido. La lotta andrebbe affrontata secondo i principi guida della lotta integrata o IPM (Integrated Pest Management) e in modo particolare è legata alla presenza di focolai larvali ben individuabili, ecologicamente caratterizzati e spazialmente limitati a fronte di un’infestazione di adulti dispersa nell’ambiente e difficilmente raggiungibile.
La lotta contro le
larve va effettuata intervenendo nei focolai larvali (fango umido ai bordi di laghetti aziendali, pozzanghere d’acqua vicino agli abbeveratoi e comunque in riserve di acqua stagnante inquinate da escrementi di animali) e possibilmente nel punto esatto dove vivono le larve e cioè nell’acqua ai bordi delle pozzanghere o laghetti inquinati da escrementi di animali. Possono essere impiegati insetticidi poco tossici per gli animali come alcuni piretroidi di sintesi o prodotti di nuova generazione come i regolatori di crescita (IGR – Insect Growth Regulator). I trattamenti non sono totalmente efficaci e vanno ripetuti periodicamente. È evidente che la strategia migliore sarebbe quella di risanare i focolai larvali, prosciugando, quando possibile, quelli più densamente popolati dall’insetto e/o impedendo l’accesso diretto degli animali alle riserve d’acqua.
La lotta agli
adulti non deve essere condotta in maniera generalizzata, perché i trattamenti su tutta la superficie aziendale oltre ad essere inefficaci potrebbero determinare gravi problemi di inquinamento ambientale e di residui di pesticidi nel terreno. Gli adulti si trovano in generale vicino agli animali, pertanto devono essere trattati, con piretroidi di sintesi registrati, esclusivamente i ricoveri degli animali e in particolare le pareti interne ed esterne degli ovili. Questo trattamento esercita un’azione adulticida attraverso il contratto degli adulti sulle superfici trattate. Gli animali possono essere protetti con il ricovero notturno in ambienti isolati con zanzariere (meglio se trattate con insetticida) oppure mediante trattamenti direttamente sul corpo, con prodotti registrati allo scopo a base di piretroidi in soluzione oleosa. L’intervento va effettuato sul dorso di pecore e vacche e va ripetuto periodicamente sotto il controllo veterinario.
È importante prendere coscienza del fatto che la lotta ai
Culicoides è particolarmente articolata e nessuna delle tecniche proposte è sufficiente da sola a controllare il vettore. Pertanto, il controllo dell’insetto deve essere condotto secondo i principi della lotta integrata, non facendo affidamento su un’unica tecnica ma impiegando tutte quelle disponibili in maniera coordinata. E’ evidente che ciò si potrà raggiungere con il coinvolgimento diretto degli allevatori che meglio di tutti conoscono la realtà aziendale e che possono fare molto per migliorare le condizioni igieniche degli animali che sono sicuramente il fattore principale delle abbondanti popolazioni di
Culicoides riscontrati in Sardegna.
Laboratorio di Protozologia - Centro di Sorveglianza Epidemiologica
Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna “G.Pegreffi”